Come ben sapete, ciò che distingue il mutuo
variabile da quello fisso è il tasso d’interesse che non rimane lo
stesso per tutta la durata del finanziamento, ma varia in base all’andamento di
due principali indici economici, l’Euribor (quello più
frequentemente utilizzato) e il tasso BCE.
Ciò che invece resta fisso per l’intero periodo del mutuo è
lo spread che indica, in buona sostanza, il guadagno
della Banca.
A rendere vantaggioso il mutuo a tasso variabile rispetto a
quello fisso è la possibilità di pagare una rata mensile più comoda, soprattutto
all’inizio. Ed è ora che arriviamo finalmente al nocciolo della questione.
Nel mutuo a tasso variabile, si distinguono due tipi di
tassi d’interesse: il tasso d’ingresso e il tasso a
regime.
Qual è la differenza?
Il tasso d’ingresso è quello che
generalmente spinge il cliente a propendere per il mutuo variabile, perché
risulta molto vantaggioso ed allettante, ma dura solitamente dai sei mesi fino
ad un massimo di due anni. E infatti viene considerato un tasso puramente “promozionale”.
Il vero tasso variabile, quello ufficiale, è il tasso
a regime dato dalla somma dell’Euribor più lo spread ed è quello cui
bisogna prestare maggiore interesse ed attenzione.
La differenza tra i due tassi può essere molto rilevante.
Ecco perché la loro comparazione diventa fondamentale e decisiva nel momento in
cui si decide di contrarre un mutuo a tasso variabile.
Uno strumento assai utile per valutare la differenza tra le due
tipologie di tasso è il Taeg, un indicatore che consente di sapere
qual è il tasso di interesse effettivamente applicato e qual è dunque il costo
reale del mutuo.
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